“La poesia è la realtà più reale, il nesso più potente tra le parole e le cose” (Franco Arminio)
“La poesia è corpo che si affranca dal ronzio della lingua, è la strada per raggiungere il silenzio, la luce, le cose che stanno fuori di noi” (F.Arminio, Robinson 21.8.21)
“La poesia è la linfa del mondo” (Tonino Guerra)
Obiettivo di riflessione: il linguaggio poetico come forza espressiva e come conoscenza profonda della realtà -esteriore e interiore- anche nei suoi aspetti più misteriosi.
Amitav Ghosh, JUNGLE NAMA. Il racconto della giungla. Ed.Neri Pozza.
La rima e la metrica come potere magnetico, misura ed equilibrio, nella riscrittura di un’antica leggenda (tutte le citazioni del presente articolo, se non diversamente indicato, sono tratte da questo libro).
Uno spirito terribile regna incontrastato e selvaggio nella foresta di mangrovie e, sotto le sembianze di una tigre, divora ossa, pelle e mani di chi là si avventura.
Due esseri misericordiosi e dal grande potere, accorrono, richiamati dalle preghiere delle creature della giungla e pongono fine a quella tirannia confinando il demone alla foce del fiume, dove, per converso, nessun essere umano dovrà avventurarsi (“ogni creatura al suo posto, ogni bisogno appagato/ tutto in equilibrio, come un distico rimato”)
A suscitare il mio interesse per questo libro è stato un articolo del 16.11 scorso su Repubblica, La Natura si salva con la poesia (Carlo Pizzati): mi ha ricordato mio padre, che amava le rime e capitava che ne recitasse, così, come avrebbe intonato una canzone, senza un motivo particolare se non quello di dire parole un po’ speciali, solenni, ..migliori, direbbe Franco Arminio: “Le parole migliori quando le pronunciamo hanno il fiato della paura e della contentezza, non sono le parole per amministrare la giornata” (Geografia commossa dell’Italia interna); e quando la sera lui e i suoi fratelli “dicevano il rosario” nella grande cucina, quelle parole, che volevano essere latino, avevano le cadenze di una pioggia leggera o del vento per me bambina, che , esonerata da quel dovere, potevo aggirarmi tra le sedie in bilico, improvvisati inginocchiatoi, rivolte verso un immaginario centro. Ora penso che forse quello era anche un modo per affidarsi a un ritmo, al quale la vita dei contadini è legata, più che alla parola: nel lavoro, per esempio, il ritmo aiuta a dosare l’energia e a ordinare i pensieri.
La divinità benefica, dopo aver reso la tigre inoffensiva e costretta nei suoi confini, le dice: “Il primo passo è trovare un giusto modo di parlare,/ ora una tecnica migliore ti toccherà imparare./ Conta le sillabe, contrasterà la tua brama felina,/ il vincolo del metro ti darà una disciplina./ E’ il caos nella tua mente che sbriglia i desideri,/ smorzerai gli eccessi, se dai misura ai tuoi pensieri”
Ma un mercante, già molto ricco, vuole intraprendere una nuova avventura, oltre ogni limite e confine, nonostante il fratello cerchi di dissuaderlo “Chi va nella foresta deve averne bisogno,/ lo sai, le tigri fiutano ogni cupido sogno”.
Il mercante però, ben lungi dal farsi dissuadere, recluta il giovane nipote, unico sostegno della sua povera madre che tenta di trattenerlo: “Mille predatori si annidano nella foresta,/ forse non li vedrai ma ti entreranno in testa” E cerca di metterlo in guardia particolarmente dallo spirito tigresco. “Non solo vuol ghermirti, ordirà una frode, / aguzzando la bramosia la mente corrode” Raccomandandogli tuttavia, se inseguito, di rivolgersi alla Signora della Foresta, e soprattutto di farlo nel modo giusto: “Chiamala in dwipodi poyar [versi a due piedi], metro del meraviglioso,/ eleverà la tua voce, renderà il timbro armonioso”.
Come temuto, la spedizione suscita le ire della belva, che per essere placata esige proprio che le sia lasciato in pasto il giovane nipote; il quale però si salva rivolgendosi alla divinità benigna con la preghiera in rima che gli aveva insegnato la madre.
Nell’intervista citata, alla domanda perché abbia deciso di scrivere in “versi a due piedi” (dwipodi poyar), Amitav Ghosh li definisce “una metrica che trasporta la storia stessa, ne è la sua forza”. Rima e metrica, sostiene, sono vissute come impedimento alla libera espressione, ma è il contrario. “Rima e metrica sono due elementi essenziali del linguaggio che si prestano all’analisi della realtà. […] Dobbiamo tenere sotto controllo i nostri desideri illimitati e l’idea che libertà significhi “libertà di consumare””.
E Arminio: “Io credo che la nostra vita possa avere salute quando appunto c’è questa sorta di va-e-vieni tra il corpo, il nostro corpo, e il corpo del mondo e la poesia ha senso se è appunto un esercizio di cura, un esercizio di intensità” (YouTube: Le parole della poesia. Con Franco Arminio).