Capitolo importante: i Giovani. Per i giovani ci viene richiesta oggi un’assunzione di responsabilità netta, non possiamo più demandare uno stato di necessità se non vogliamo abdicare al nostro ruolo di educatori.
Salvaguardare il loro futuro significa adempiere anche al senso della nostra vita, legittimarla.
Per i giovani come per i figli dobbiamo costruire un futuro più fertile, leggibile. Educare è arte maieutica e dispendiosa, faticosa e se a volte non avvertiamo troppo il peso di quella competenza è perché siamo privi di sensibilità costruttiva ponendoci al di fuori da un tragitto di cura e di protezione del ragazzo. Investire risorse su chi deve crescere e saper maturare le sue capacità è sempre elemento arricchente anche per l’adulto che impara ad approfondire il sé attraverso l’esperienza del giovane.
Si cresce vicendevolmente, a volte mettendo in discussione i parametri del confronto, a volte sbattendo una porta, ma non deve mai mancare quella passione alla ricerca, del significato di una relazione profonda che va costruita giorno dopo giorno.
Il lavoro più antico e faticoso è quello del genitore, di chi educa. È un mettersi sempre alla prova camminando anche su carboni ardenti, su un percorso ad ostacoli dove si sperimenta anche la nostra fragilità, l’incapacità dell’essere, il senso di inadeguatezza.
Quel mettersi in crisi è sempre foriero di avanzamento e di trasformazione dell’interiorità che non è mai fatto acquisito e statico nel suo torpore. Spesso arriviamo a dimenticare la nostra gioventù, quel “bambino ferito” che ci faceva sentire agli antipodi dell’essere adulto, reattivi anche spietatamente contro ciò che percepivamo come ipocrisia e spesso aleggiare intorno a noi.
Quel bambino ferito che è assai comune nelle esperienze di vita va accolto, riconosciuto e abbracciato.
I ragazzi hanno bisogno di contenuti valoriali, di trovare nell’adulto un punto di riferimento, di conoscere e saper riconoscere la forza del femminile e l’autorità del maschile. Non possiamo lavorare all’educazione sentimentale senza l’utilizzo della parola come cura. Dal punto di vista emotivo bisogna creare possibilità di conoscenza e di scambio vicendevole.
Il ragazzo ha bisogno di costruire la sua emotività, di veicolarla verso ambiti opportuni di crescita e senza la nostra esperienza, senza nostre capacità culturali il giovane non può imparare ad approfondire i propri sentimenti, la fatica dell’errore e concorrere alla sua elaborazione.
Vi sono forme di nutrimento che al ragazzo andrebbero garantite e sono sottese al lato creativo della vita, al gioco, allo sport come spazio condiviso, al valore dell’alterità, di chi rappresenta il diverso da noi.
Bisogna imparare ad entrare nelle fatiche della vita e diventare noi i primi testimoni del valore della caduta, di una sofferenza vissuta, di una pratica produttiva verso una risalita per riconoscere nuove possibilità di apertura.
Per essere protagonisti della nostra vita e tutelare la loro crescita non possiamo arrampicarci sugli specchi e vantarci di una certa provvisorietà, ma dobbiamo essere i primi a metterci in gioco, a richiedere il coraggio che ci compete e che a loro è dovuto. Solo dagli errori e dalle fatiche possiamo costruire in ardimento giovanile e far intuire che gli stessi loro sentimenti, di oggi, sono stati i nostri: è prerogativa essenziale questo rispecchiamento nell’esperienza che ci accomuna, riguardevole per significato e valore umano.
Essere impegnati su diversi fronti con i giovani e per i giovani è atto meritevole e conquista quotidiana, quell’impegno costante non è mai vuoto a perdere ma sostanza vitale per noi e per il loro futuro. Gambe in spalla, dunque, e giudizio!
Siamo chiamati a costruire una politica europea della salute (citazione di David Sassoli) e senza contare sul talento e sui meriti dei nostri giovani è solo speranza vana riuscire , inammissibile.
Che bello questo articolo! I pensieri profondi dell’autrice mi hanno riportata si alla fatica dell’insegnante che sono stata ma anche alla passione che ho profuso in una professione per me ricca di gratificazioni. Cogliere nei ragazzi progressi e cambiamenti ripaga la fatica.
Bellissimo articolo sintesi di contenuti e riflessioni. Credo che l’essere genitore sia il mestiere più difficile, ma anche il più appagante. Mostrare il senso della vita, la sua preziosità, la sua bellezza anche nelle cadute…non è facile ci si arriva con un lungo percorso interiore.
I giovani sono il nostro futuro e nel contempo la nostra eredità. La mia nonna Alfreda diceva: non dobbiamo mai dimenticare che anche noi siamo stati giovani. Educare, insegnare, sì, ma prima di tutto ascoltare ed essere accoglienti. Saggezza dei grandi Vecchi…
Essere insegnante: un privilegio. Chi può vantare tanto? Vorrei che tutti potessero provare cosa significhi entrare in un’aula, chiudere la porta, sedersi dietro ad una cattedra e continuare come non ci fosse stata mai una pausa tra una lezione e l’altra. È una magia che si crea in una realtà densa di sentimenti, emozioni, problemi che chiedono di essere ascoltati e, possibilmente, risolti.
Sono una docente orgogliosa del mio “privilegio”, consapevole che potrei sempre fare meglio e di più. Dopo 30 anni di insegnamento non sono stanca, ma giovane grazie a loro: i miei alunni.
David Sassoli rappresenta un patrimonio per le giovani generazioni per le quali tanto si è speso e dobbiamo considerarlo un sicuro punto di riferimento.
La scuola è la vita. Evviva la scuola e la vita!
Grazie un articolo molto chiaro ed efficace
Rispondo a tutte voi con il desiderio di creare opportunità formative per i nostri giovani per promuovere cultura e vita attraverso l’esperienza e la testimonianza di insegnanti, di educatori, di genitori. Possiamo creare una realtà fertile di virtù e arrecare ai ragazzi una consapevolezza più vera e che incentivi i loro talenti, le loro grandi capacità. Cosa pensano i nostri ragazzi? Provate a leggere le loro profonde riflessioni sul sito della Cura di sé . http://www.lacuradise.it , cosa è scaturito dalla loro scrittura e dalla condivisione reciproca. E poi ne riparliamo. Come ben asserisce Maria Domenica: La scuola è vita!
Rimbocchiamoci le mani e costruiamo per loro.