Come ri-conoscersi attraverso la scrittura di una lettera

Tempo di lettura: 2 minuti


Il desiderio di scrivere nasce dall’urgenza di comunicare qualcosa a qualcuno. Perché? Per condividere un’esperienza, una sensazione, un sentimento di gioia o di dolore. A cosa serve? Può servire a informare, a insegnare, a imparare, a ricordare, a fermare attraverso la parola scritta qualcosa che rimanga visibile per essere analizzata, osservata da fuori.

Partendo dal presupposto che noi siamo ora l’evoluzione di chi siamo stati attraverso un cammino iniziato nella fase infantile, nell’adolescenza e nell’età adulta, arriva il momento in cui le esperienze vissute – in modo particolare quelle sofferte e celate in un angolino della nostra memoria – pretendono attenzione scatenando in noi una sorta di malessere che si attenua solo attraverso la scrittura.

E allora scriviamo per trovare consolazione, risarcimento, rimedio, cura. Ecco che quindi lo facciamo principalmente per noi stessi.
C’è una sostanziale differenza tra scrivere di se stessi e scrivere a se stessi.
Se scrivo di me, racconto la mia storia nella versione che immagino possa essere interessante, attraente per chi mi leggerà; posso citare fatti realmente accaduti, o usare la mia immaginazione, la mia fantasia.
Se scrivo a me stessa, il mio interlocutore, il mio lettore sarò io. Io che conosco la mia storia, il mio passato, la mia verità. In questo caso posso essere sincera, schietta, diretta, senza freni e senza inibizioni. Non ho bisogno di mentire o di edulcorare le parole, ho la necessità di andare in quell’angolino recondito e scandagliare il mio passato sino a far emergere quell’episodio o quella persona che mi ha procurato dolore. È un percorso difficile, a volte penoso, in cui rivango il passato non per rinfacciare qualcosa a qualcuno, ma per osservarlo da un punto di vista diverso ed elaborarlo fino a che quel ricordo non mi faccia più soffrire come nel momento in cui si è verificato. Proprio come avviene nell’elaborazione di un lutto.


Come faccio a scrivere a me stessa/o? Scrivo una lettera, sì, mi scrivo una lettera, la scrivo alla persona mia più cara, perché come diceva mia nonna Alfreda, per prima cosa devi voler bene a te stessa, altrimenti come fai a voler bene a qualcun altro se non ti ami? Sarebbe bene fare proprio come si faceva una volta con carta e penna; scrivere a mano serve per prendersi il giusto tempo, senza la furia dei polpastrelli che battono sui tasti. La calligrafia fotografa uno stato d’animo. Il solo fatto di osservarla ci rivela lo stato d’animo in cui eravamo nel momento in cui abbiamo impresso quei segni sulla carta.

Da dove parto? Il foglio bianco davanti a noi, pronto ad accogliere la nostra testimonianza, è il primo passo, quello più difficile.

Adesso cosa scrivo? Posso provare nel modo più semplice, ovvero da: Cara mia, Mio carissimo, o col mio nome e proseguire scrivendo cosa sto provando in questo momento e da lì, una dopo l’altra, le parole come perle scorreranno lungo il filo del discorso facendo emergere qualcosa di importante che mi aiuterà a conoscermi e a ri-conoscermi.

La lettera a me stesso è la prima di una serie che seguirà ed è il primo passo del percorso verso la cura di sé, perché il nostro intento è proprio quello di prenderci cura di noi stessi.

Cosa ne pensi? Te la sentiresti di provare?

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Antonella Cavallo Popy
Collaboro nell'azienda di famiglia che alla terza generazione progetta e fabbrica apparecchiature per la ricerca scientifica, calcando le orme della genialità artistica di nostro padre e del nostro nonno inventore. Ho pubblicato racconti, poesie e romanzi, partecipando a concorsi e ottenendo riconoscimenti e premi. Dal 2012 mi occupo di volontariato con art.17, operando come mediatore culturale, linguistico e penale presso gli istituti penitenziari milanesi di San Vittore e Bollate con progetti di scrittura condivisa, psicodramma, teatro e mediazione, volti al coinvolgimento delle persone detenute in attività letterarie e teatrali in un cammino verso il riscatto di dignità, rispetto e libertà. A seguito formazione specifica, ho ottenuto l'abilitazione di Facilitatrice di Scrittura Terapeutica Metodo Sonia Scarpante e dal 2018 conduco un percorso di Scrittura Terapeutica nel reparto maschile di San Vittore VI raggio -  reparto detenuti protetti. La mia passione per la lettura e per la scrittura, nonché lo studio per aggiornare e approfondire le mie conoscenze, sono il motore propulsore che mi spinge a condividere la potenza delle parole nei luoghi in cui la cura di sé può rappresentare l'unica speranza di riscatto emotivo, l'unico respiro di libertà.
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14 Commenti

  1. Cara Antonella con viva riconoscenza leggo quanto hai scritto sulla forza della scrittura di sé. Come hai appreso dal mio percorso formativo la lettera come espressione del sé aiuta ad entrare in noi stesso mettendo a nudo le fragilità, i nodi di una vita. Mentre scriviamo impariamo ad elaborare le fatiche più grandi, i lutti che hanno segnato la nostra esperienza senza riuscire a volte a dare parola alla sofferenza. La parola può curare e più riusciamo a non temerla più essa ci aiuta a dare trasparenza al dolore, a trasformare i pesi in possibilità di rinascita. La lettera auto dedicata, la lettera a se stessi ci inoltra in un mondo che non avremmo mai creduto di poter conoscere e di rimando crea virtù per le relazioni che intessiamo giorno dopo giorno. Grazie del tuo prezioso contributo.

  2. Quanta verità si legge in questo articolo, cara Anto.
    Se penso alle lettere scritte e mai spedite, alle poesie scritte nelle notti di solitudine, delle parole impresse su foglietti volanti e recapitati all’amato del momento o all’amica più cara.
    La scrittura e’ vita vissuta, sentimento puro e tu Anto sai davvero mettere le ali ai tuoi scritti 😘
    Scrivere a noi stessi e’ una proposta meravigliosa ❤️

    • Ciao, Simo! Grazie! Ultimamente mi è capitato di aprire il cassetto delle vecchie fotografie e dei diari… Il famoso diario così caro e prezioso custode dei nostri segreti, dei nostri sentimenti, dei nostri sogni e delle nostre paure. Parole a volte cifrate, frasi criptate nel timore che qualcuno le leggesse… Era un modo per tirare fuori tutto ciò che pensavamo di non poter o non dover confidare ad altri se non a lui, al nostro caro diario che spesso aveva un nome. Con ‘la lettera a me stesso’ ricalchiamo quelle impronte con l’intento di prendere per mano quei ragazzini che siamo stati per dirci qualcosa che non ci siamo mai detti prima, per capire perché abbiamo fatto quella particolare scelta, per accettarci così come siamo, perché semplificando brutalmente Jung, non dobbiamo per forza raddrizzare qualcosa di noi che è ‘storto’, ma piuttosto imparare a vivere bene nella nostra ‘stortitudine’. Ti abbraccio con affetto <3

  3. Cara Sonia! Grazie per le tue parole e per il tuo insegnamento! Ricordo la mia prima ‘lettera a me stessa’ scritta col cuore che sbatteva, emozionata come se stessi scrivendo alla persona amata e poi l’asterisco per la postilla aggiunta la sera… L’ho riletta ora, mentre ti sto rispondendo e certo che stavo scrivendo alla persona amata, scrivevo a me stessa… Grazie, Sonia per avermi offerto l’opportunità di ri-conoscermi.

  4. Ciao Antonella, come sempre le tue parole scritte mi arrivano al cuore. Quando ero più piccola, mi scrivevo più spesso durante lle notti insonni. Aprirò i cassetti e cercherò quelle lettere per leggerle oggi; chissà quali emozioni e quanti ricordi riaffioreranno.
    Le parole scritte di getto ci aiutano a superare le nostre paure. Grazie per le tue belle parole.
    Un abbraccio

    • Ciao, Sabrina! Qualche giorno fa mi è capitato di sfogliare le pagine di alcuni miei vecchi diari. Ho letto quelle parole ora da adulta, quasi estranea, immaginando le emozioni di quella ragazzina adolescente che mi ha intenerita al punto che avrei voluto abbracciarla. Sono c erta che in quei cassetti ritroverai la piccola Sabrina che nonostante l’età avrà qualcosa da insegnarti. Sarà un dono prezioso. Grazie a te per le tue parole affettuose. Ti abbraccio

  5. Mah…sto pensando se me la sento di provare …a scrivere una lettera a me stessa.Che idea insolita ed accattivante per me che parlo tanto e scrivo poco.Dovrei provare a scrivermi e anche a rispondermi.Io non ho mai tenuto un diario,nemmeno in età adolescenziale…forse è arrivato il momento di cimentarmi in questa corrispondenza insolita.Grazie per lo spunto di riflessione lo sforzo costante di condividere la tua passione per la scrittura!

    • Cara Dana! Parli molto, ma quando scrivi sai toccare corde che arrivano all’anima. Credo sia più facile ‘aiutare’ – se così posso permettermi di dire – gli altri piuttosto che noi stessi. Chissà perché? Forse perché nel nostro inconscio vorremmo vedere quella mano che si allunga verso di noi per trarci in salvo… E allora perché non provarci noi a raggiungerla quella mano anche se sappiamo che è la nostra? Ti consiglio di provare a scriverla quella lettera e poi lasciala pure là, non c’è bisogno di rispondere, che la risposta arriva da sola.
      Grazie a te per la pazienza di leggere ogni mia riga… Ti abbraccio con affetto

  6. Voglio ringraziare nonna Alfreda. Saggia donna che ha saputo trasmetterti tanto e voglio ringraziare anche te, cara Antonella. Le parole ti sono amiche: insieme create pagine incredibili.

    • Cara Isabella, mi sto sempre più persuadendo del fatto che nonna Alfreda sia stata l’inconsapevole? mano che mi ha spinta a scrivere. Che bella frase mi hai regalato con: ‘le parole ti sono amiche’. è un’amicizia a cui tengo molto, così come alla tua. Grazie di cuore! Ti abbraccio

  7. Scrivere e rileggersi è molto importante! Per ricordare, rivivere e imparare, molte volte a non fare gli stessi errori altre a lasciar andare, a non sentirsi più in colpa oppure a ringraziare o comunicare qualcosa a chi non c’è più!
    Il momento più difficile è prendere carta e penna poi tutto vien da sé!
    Il tuo è un aiuto da prendere al volo!

  8. Cara Rudy, Rudy mia cara! Grazie! Ho ricevuto molti commenti privati riguardo questo articolo e questa ‘prima lettera’. La frase ricorrente è proprio quella che hai citato tu a proposito della difficoltà di prendere carta e penna; non per il fatto in sé, ma per il coraggio che ci vuole a volte di fermarci un attimo per prenderci cura di noi. Tanti dubbi, molti: ‘non so se ce la faccio’, ‘dovrei proprio farlo’, ‘ormai la gioventù è andata’, ‘farebbe troppo male’… Può far male, certo, ma se ci prendiamo cura del dolore fisico che per attenuarsi richiede tempo e fisioterapia, perché non provare a farlo anche per il cuore, la mente o l’anima, come preferiamo chiamarla? Ti abbraccio

  9. Dopo molti giorni, e questo la dice lunga su quanto ci abbia pensato, rispondo alle sollecitazioni di Antonella.
    Scrivere è stata la mia passione giovanile. Scrivevo ovunque e su ogni cosa, fatto, persona , emozione.
    Per questa passione ho fatto Lettere all’ Università.
    Poi con il passare degli anni la scrittura si è rarefatta….poca e solo l’ essenziale.
    Dovevo troppo scrivere per la scuola e diventando preside dovevo utilizzare la scrittura per normare, convincere, spiegare.
    Adesso sono in stand by….ci penso…ma quando prendo in mano la penna è come se mi paralizzassi.
    Non parliamo poi di scrivere a me stessa!
    Orrore!….passerà. Chi può saperlo.
    Grazie comunque per avermi permesso di riflettere pensare e scrivere queste quattro parole.

  10. Quando si dedica anima e cuore con sviscerata passione e determinazione come hai fatto e fai tu, Micaela carissima, per l’esercito di ragazzi e di persone che al solo nominarti, non hanno altro termine per definirti se non come Donna fuori dall’ordinario, credo sia inevitabile aver messo in attesa te stessa… Ora che sei in stand-by (che guarda caso è ‘persona su cui si può contare’) chissà, magari è il momento di prendersi cura di quella te stessa, di farci una chiacchierata come si fa con l’amica più cara che comunque vada, è pronta ad accoglierti con un sorriso e un abbraccio. Ti ringrazio per l’attenzione che dedichi alle mie parole e ti abbraccio con affetto e infinita stima.

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