A chi sta attraversando il suo buio

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Spunto di riflessione: molti scrittori, poeti e filosofi si sono lasciati ispirare dal concetto: conosci te stesso. Può sembrare un punto di partenza, oppure essere il traguardo finale. 

Quando ho letto, per la prima volta, la poesia di Andrew Faber, “A chi sta attraversando il suo buio”, ho compreso che conoscersi significa anche camminare nelle emozioni e sperimentare la vita grazie ai suoi contrasti. Inizio o fine, piuttosto un continuo divenire.

Leggiamo questo scritto insieme e, successivamente, ascoltiamo come vibra la nostra parte emotiva.

Che le parole di questo poeta, diventino la rotta per navigare la parte più intima di noi.

A chi sta attraversando

il suo buio

dico soltanto di non mollare.

Ci siamo finiti tutti

in quel posto maledetto

dove il freddo ti morde le ossa

e il silenzio ti piove nel cuore.

A chi sta attraversando

il suo buio

dico soltanto di allontanarsi

da chi dice di darsi una mossa

di smettere di piangersi addosso.

Quella gente vuole farvi del bene.

Ma non sa cosa dice.

Quella gente lì dove siamo finiti noi.

Non c’è mai arrivata.

A chi sta attraversando

il suo buio

dico soltanto di avere coraggio.

Bisogna stringere i denti.

E aspettare che il sole riprenda a brillare.

A chi sta attraversando

 il suo buio

dico soltanto di credere

nella poesia.

Negli occhi di chi

quella strada l’ha già ritrovata.

C’è un cielo

di qua che vi aspetta

con un panorama di sogni

da togliere il fiato.

A chi sta attraversando il suo buio chiedo: cosa si prova, veramente, quando si cammina nell’oscurità? Quel vento che morde le ossa sferza facendo restare immobili o sospinge verso un oltre che porta conoscenza? Il silenzio che piove nel cuore, arresta i battiti o il ritmo rallenta soltanto?

Ci siamo finiti tutti nel buio. Chi più, chi meno. Oppure lì, abbiamo conosciuto persone danzare senza sorriso.

È impossibile immaginare l’esistenza fatta solo di luce. 

Se non esistesse il buio, come potremmo apprezzare davvero la luce?

La poesia di Andrew Faber mostra questa dualità: buio e luce. Esattamente lì, in quel contrasto perfetto, l’essere umano ha la possibilità di raggiungere una conoscenza più profonda di sé stesso e di ciò che lo circonda.

Ogni opposto nasce per permettere a noi di scegliere da che parte andare. Ogni sfumatura con la quale ci scontriamo, ci dona la possibilità di decidere in modo saggio.

Fin da piccola ho avuto sempre paura del buio, ma, crescendo, ho incontrato persone meravigliose che, attraverso la storia della loro vita, mi hanno insegnato che, non vedendo il fuori posso scoprire meglio l’interno. Dolore, caos, odio, tristezza, fatica e difficoltà sono gli opposti di ciò che desideriamo. Tuttavia, sono proprio queste diverse facce della stessa medaglia, generalmente spiacevoli, a essere potenti strumenti di ricerca e conoscenza di sé stessi. 

I contrasti fanno parte di un viaggio incredibile che va dalla testa fino al cuore.

Il nostro mondo interiore non è mai sotto la luce e le vicissitudini della vita, soprattutto quelle più faticose o complicate, ci fanno sprofondare in questa oscurità. È un luogo maledetto, per il poeta; da lì, se ne esce solo con la propria forza di volontà. Finché questa non si mette in moto, la risalita è ardua e l’immobilità amplifica le sensazioni dolorose. 

Il buio è il luogo dove, per ritrovarsi, è necessario perdersi, dove, per rinascere, è necessario credere di essere svaniti.

Ma ciò che, in realtà, perisce è il senso d’impotenza e della sconfitta, in favore di un coraggio guadagnato.

Ciò che davvero cambia forma, è la pretesa di volere altro, dando, invece, spazio a una rinnovata consapevolezza.

Dalla convinzione che nulla nella vita andrà mai diversamente, perché niente potrà mai cambiare, dall’apatia e dall’indifferenza, dal dolore e dalla sofferenza e da questa carenza emotiva, si arriva ad attraversare un ponte sommerso nel buio. 

A ogni passo in avanti, in quel procedere a volte a tentoni e altre con i propri sensi intensificati risiede l’evoluzione di ognuno di noi.

Attraversare il buio è un miracoloso divenire, quando si procede nell’oscurità con il coraggio di mettere in discussione ogni convinzione, anche la più radicata, e quando non dimentichiamo la poesia.

Il poeta scrive:

“C’è un cielo

di qua che vi aspetta

con un panorama di sogni

da togliere il fiato.”

Dobbiamo credere che, per ogni momento della vita che ci ha spezzato dentro, la poesia – intesa come la meraviglia ininterrotta della vita che pulsa – può calmare il dolore. 

Esiste un legame profondo tra l’arte e il benessere.

La natura è poesia, la vita nella sua essenza è poesia, la mano della persona che scrive le emozioni che prova è poesia. L’interconnessione tra arte, mente e relazione genera momenti che toccano l’anima e sintonizza ogni volta gli strati profondi del nostro essere.

Quando Aristotele arrivò a parlare di catarsi attraverso la poesia, non faceva altro che ricordarci che la poesia consente una guarigione emotiva.

Attraversare il buio, credendo nella poesia, significa, quindi, esprimersi in uno spazio sicuro, che non deve fare paura solo perché senza luce. Aprirsi, passo dopo passo, a sé stessi e agli altri, ci sprona ad andare oltre i significati della parola e a entrare in contatto con il nostro mondo più intimo, visualizzando ciò che proviamo, pensiamo e come agiamo.

Attraversare il buio credendo alla poesia è favorire l’autoconoscenza, dare una forma alle parti di noi che restano sempre all’ombra, diventare individui amorevoli, empatici, riconoscere chi siamo veramente, rilasciare le tensioni mentre l’ottimismo ci illumina si nuova luce.

Attraversare il buio credendo alla poesia è trasformare la sofferenza in apprendimento.

Alla fine, che sia un “panorama di sogni” o un nuovo orizzonte illuminato, la sostanza non cambia: io sono davanti a qualcosa che mi toglie il fiato e la mia anima si alleggerisce dai suoi pesi.

Autore immagine: Giulia Savarelli

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Serena Savarelli
Serena Savarelli nasce ad Arezzo il 26 luglio 1979, laureata in Ostetricia, vive a Castiglion Fiorentino con il marito e i figli, biologici e adottivi. Serena lavora come ostetrica di comunità nel consultorio familiare del suo paese La scrittura è la sua passione fin da piccola nella quale continua a formarsi, reputandolo un importante strumento nella cura di sé. Il Master in Scrittura Terapeutica è stato fondamentale per la sua crescita interiore. Inizia a pubblicare per MonteCovello Editore nel 2017 vari racconti e poesie e il suo primo romanzo La vita in una matrioska. Con Pav Edizioni continua a pubblicare racconti in antologie della collana Pav per il sociale, condividendo così tematiche importanti come la cura di sé, la diversità in tutte le sue forme, la violenza sulle donne e maternità e disabilità. Sempre con la stessa casa editrice è in procinto di pubblicare il suo secondo romanzo. Serena Savarelli è impegnata da molti anni nella tutela dei diritti dei minori special needs, collaborando con le associazioni di volontariato Voci diverse e M’ama dalla parte dei bambini, attive nel territorio italiano. Entrambe le associazioni promuovono la realizzazione di una rete di sostegno tra le famiglie che vivono la disabilità del proprio figlio, in un contesto d’inclusione e di accoglienza per il benessere globale della persona. Pubblica nel 2022 il romanzo “ Dove il sole si ferma” Pav edizioni , scritto con la sorella Giulia
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